Mentre cammino fradicio in mezzo al guado, mi chiedo se ALBA sopravviverà. Il manifesto per un soggetto politico nuovo ha partorito questo: un modello inclusivo, la centralità dei beni comuni, democrazia rappresentativa e partecipata, mitezza e fermezza. Una formica seduta sulle spalle di John Stuart Mill e Norberto Bobbio. Lo vedo, appartiene al mio stesso formicaio. Non so se la voracità distruttrice dell’ego italico la schiaccerà subito, ma è inevitabile guardarla con simpatia. Del resto, non avevano speranze maggiori coloro che rifondarono il Partito d’Azione: non ebbero fortuna, ma a qualcosa servirono. Il problema resta culturale. Qui si combatte.
Archive for April, 2012
Non abbiamo bisogno di Robespierre. Oggi io sono d’accordo, almeno in parte, con Eugenio Scalfari; e non concordo – per una volta – con Marco Travaglio. Beppe Grillo non riesce a separare le istituzioni da chi le incarna: è per questo che i suoi accenti vanno stigmatizzati. Nel momento in cui dichiara che questo Parlamento è peggiore di quello fascista commette un errore grave. Lo fomenta il fascismo, anziché combatterlo. E la Storia lo insegna: quando l’intelligenza si accompagna all’ignoranza genera mostri. Il rivoluzionario studi. Le parole contano, a maggior ragione se chi le ascolta è davvero in buona fede.
->Jaume d’Urgell – Gernika: ciudad mondial por la paz-<
Una città che si interroga sul futuro dovrebbe chiedersi se con cinquantacinquemila alloggi sfitti sia utile costruire un nuovo quartiere. In Corso Romania la biblioteca civica, due piste ciclabili e una chiesa rumena non giustificano che si ripeta l’errore di Spina 4. Un volto deturpato. Si può anche dire che queste operazioni non abbiano un costo per il Comune, ma un prezzo c’è. Consumare risorse private in un settore maturo spiazza investimenti che potrebbero andare altrove. E non sarà il cemento a far rinascere Torino. Ambiente, energia. L’amministrazione pubblica dovrebbe stimolare le imprese a riqualificare ciò che esiste, lo fa?
Tu Genova, ferita a morte. Stuprata sotto le montagne, stretta dalla serpe sempre viva. Ti avevo dimenticata. Preferivo non pensare più, crederti finita. Oggi le immagini tornano, sotto il bollore di un’estate che non ricordavo. Stavo lì, sui libri a non pensare. Il dittatore era tornato, e io preferivo continuare con lui la mia guerra solitaria. La colpa mi appartiene intera. E’ la voglia di rimuovere e dimenticare. Fare finta che non sia successo nulla. Ignorare chi ti uccise, accettare che non sia stato mai punito. E prepararsi al peggio, che poi nulla è cambiato. Il fascismo è dentro.
->Daniele Vicari, Diaz (2012)<-
Io sono pelle nera, in fuga. Mi spoglio fra pietre arse, in una siepe. Un uomo attraversa il sentiero, mi guarda feroce ma non attacca. Una luce si è seduta sulla casa. Io non la fermo, scendo nel buio. Scavo nel fiume fra fari rotti. Una calca di spacciatori si contende l’ultima giostra. Le scarpe giacciono sole sull’asfalto, una sirena mi spaventa. Ritrovo due pareti bianche, l’irrequietezza di una stagione che ritorna. E poi l’unica cosa che mi placa. Quella voce, il respiro fugace di un volto sconosciuto. Il terrore che ho patito, accarezzandone la schiena. La notte di Torino.
Le macerie di oggi, i detriti della memoria. Si sono persi per strada, fra Varsavia e Berlino. Si nascondono in un bunker di campagna. Ossa marce sotto la terra. In quelle stesse città solo i mendicanti ne conservano il ricordo. Portano sulla pelle le mutile bruciature del Novecento. Atene e Lisbona sono il nuovo inferno. Attendono iraconde, che il fuoco torni. L’apocalisse del Sud. L’ignavia delle cancellerie europee è sempre la stessa. E Churchill ce lo darebbe, un calcio nel culo. La ricchezza resterà chiusa nei forzieri. Imputridirà con chi l’ha protetta. E’ il nostro egoismo. Popoli vinti, senza futuro.
->Romano Archives – Berlino, 14 maggio 1945<-
Le parole non scorrono facili. Due lati spaccati si graffiano d’aria. Provano a parlarsi. Nel vuoto di mezzo è caduta la follia. Il respiro del pensiero è stato coperto dal nulla. Oggi ci ritroviamo, contusi da anni di accidia vigliacca. Noi non saremo in grado di raddrizzare gli ostacoli. A correrci sopra sarà qualcun altro. Ci resta il dubbio, in un alba di sole. Il ritorno continuo di stagioni finite. E lì, sotto la crosta, le stesse cose. L’odore degli opifici fra le pieghe dei media. I libri non scritti, le ferite riaperte. E un paese in disarmo. Relitto Italia.