Archive for May, 2012

Copyright 2.0

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Copyright 2.0. All’Accademia delle Scienze di Torino Marco Ricolfi rovescia il punto di vista. L’era digitale consente copie infinite a costo zero. Gli intermediari sono sistematicamente saltati dagli autori, che trasformano i lettori in co-autori. Che fare? Il diritto d’autore non è che un’eccezione durata tre secoli. L’unica soluzione possibile è applicare per legge i creative commons di Lawrence Lessig a qualsiasi opera dell’ingegno, riservando il diritto d’autore tradizionale ai casi in cui vi sia esplicita richiesta da parte dell’autore. Gli editori devono cambiare pelle: le opere gratuite possono generare reddito da attività collaterali.

->Creative Commons – A Share Culture<-


I simboli servono

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Nel 1964 il Generale Giovanni De Lorenzo approfittò della parata del 2 giugno per sfoggiare la brigata meccanizzata dei Carabinieri. Erano i prodromi del Piano Solo. Ora qualcuno rimostrerà i muscoli. Eppure, non credo si debba pensare a quelle circostanze per valutare se abbia senso farla a pochi giorni dal terremoto. I simboli servono. Carlo Azeglio Ciampi la ripristinò nel 2001 perché i bambini potessero chiedersi per cosa fossero morti gli eroi di Cefalonia. Se ne cambi la forma, sfili la società civile accanto all’esercito. Ma non si spezzi la linea che ci unisce. 25 Aprile, I Maggio, 2 Giugno.

->Carlo Azeglio Ciampi (2010)<-


L’ammirazione cresce

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Sulla riforma del lavoro, ho sempre preferito le proposte di Cesare Damiano a quelle di Pietro Ichino. Mi piacerebbe che fosse questo l’oggetto della discussione. Invece, oggi c’è una cosa più importante. Un uomo è minacciato per le sue idee; reagisce con compostezza, consapevole della solitudine. L’ammirazione cresce. Ognuno di noi ha il dovere di parlare, non può restare in silenzio. Il fatto che chi manifesta liberamente le propre opinioni debba assurgere a capro espiatorio del capitalismo fa accapponare la pelle. Chi accusa Ichino dovrebbe leggere le biografie dei brigatisti raccolte da Giovanni Bianconi. Capirebbe, si scoprirebbe altrettanto solo.


A Borgo Nuovo

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Fabio mi guardò con occhi di matto. Gli piscofarmaci gli correvano nel sangue. Non mi avrebbe più perdonato che fossi stato io a chiamarli, i poliziotti. Avrebbe preferito che lo lasciassi sfondare l’uscio. Avevamo trascorso molte sere seduti davanti a un portone, sotto la luna. Mi raccontava storie antiche, fatti di sangue inghiottiti dalle montagne. I primi giorni negli Alpini, quando faceva troppo freddo e aveva cominciato a stringersi agli uomini. La vita ricca, fra la Costa Azzurra e Parigi. Poi l’altra, la vita magra di New Orleans, a battere sulle strade. C’è ancora, la sua ombra. A Borgo Nuovo.


Tre cose su Twitter

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Tre cose su Twitter. Le ho imparate con #TTT05. Primo: la crossmedialità in Italia si muove lenta perché TV e giornali faticano ad adattare il proprio sistema nervoso al web. La cultura underground deve aiutarli a disinnescare pacificamente il potere (rileggere Carlo Infante). Secondo: cento persone organizzate, facendo perno su una manciata di opinion maker, sono in grado di scalare la classifica dei Trending Topic. Agenda setting (#Salvaiciclisti insegna). Terzo: il web è una “piazza latente”, uno “spazio collettivo sparso” (vedi Salvatore D’Agostino); oggi ha più senso occupare questo che un luogo fisico, perché le idee libere creano dissenso costruttivo.

->Carlo Infante, Benvenuti in Italia (2011)<-


Quattro euro

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Riuscì a distrarmi, mentre leggevo. Mi afferrò per una mano e provò ad ipnotizzarmi con occhi vitrei. La parola carcere mi colpì in una geometria irrisolta. Rifletteva la sega marcescente dei suoi denti. E mentre gli negavo le mie tasche, regredivo a fondo. Mi svegliai nei panni di un orfano di Dickens, cercavo di liberarmene. Non volevo che lei lo vedesse. Invece arrivò, lo ammutolì. E riuscì ad allontanarlo. Parlammo a lungo, ci guardammo allo specchio. Il suo volto riproponeva un enigma. Emozioni preconizzate e riarse. L’incerto declivio del dubbio. Ne pagò il prezzo un venditore di rose. Quattro euro.


A evadere dall’evasione

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Torino, 1958. Michele Liberovici e Sergio Straniero fondano i Cantacronache. E’ l’Italia di Segni e Tambroni, che guarda Sanremo e torna ad ammiccare al fascismo. Il dissenso si fa resistenza culturale, raccoglie musicisti e poeti. Canta le fabbriche padane, le solfare siciliane. Si indigna per la strage di Reggio Emilia. Cerca nel passato il coagulo della canzone di protesta. Si fa clandestino nella Spagna franchista, si innamora dell’Africa libera. Ruba la penna di Italo Calvino, che lo porta nei campus americani. Nel 1962 l’esperienza si chiude, ma avrà aperto la strada ai cantautori. Ricordarlo significa poter ricominciare. A evadere dall’evasione.
 

->Fausto Amodei – Per i morti di Reggio Emilia (1960)<-