Posts Tagged ‘Fiume Dora’
November 6th, 2011
Il partito del cemento piange lacrime di coccodrillo. Non ha mai smesso di riempire le casse dei Comuni a suon di oneri di urbanizzazione. Continuerà a ungere come ha sempre fatto. Si è giovato di condoni edilizi, ha potuto violare sistematicamente le leggi che proteggono il suolo. Nelle private stanze già smette i finti panni del lutto per fregarsi le mani. Ciò che fiumi e montagne portano via dovrà essere rimesso a posto. E’ come una guerra. Ad arricchirsi sono gli infami. Ma noi, ci faremo fregare un’altra volta? Passeremo dalla commozione all’apatia della distrazione? Intanto, l’acqua continua a salire.

->Calogero D’Angelo Favata – Turin<-
September 1st, 2011
Era stato un carabiniere. A guerra finita, era tornato a zappare la terra. Studiava la notte, incapace di dimenticare un’intelligenza violentata dalla povertà. Preparò silenziosamente un concorso in ferrovia. Solo fra i non diplomati, lo vinse. Avrebbe voluto studiare dell’altro, ma a casa le bocche da sfamare erano tre. Finito il lavoro, tornava alla terra. La zappava recitando poesie e bestemmie. Beveva caffè nero. Sedeva in canottiera sulla statale, riposando esausto un quintale di muscoli e cervello. La sua voce tuonava fino al mare. E ai tedeschi che gliene chiedevano la strada, indicava un luogo indefinito, in direzione di Cuneo.
August 23rd, 2011
Alzo la testa oltre le mura della città. Le élites dei grandi ricchi sembrano aver dichiarato guerra al mondo intero. Cina, Brasile e India non sono più deboli e sfruttati: chiedono il conto e pretendono ciò che noi abbiamo. I rapporti di forza stanno cambiando. Cosa fanno le poche famiglie che controllano i sistemi capitalisti? Si chiudono a Versailles. Basterebbe poco: esigere austerità per i conti pubblici e concedere riforme capaci di creare nuova ricchezza, ridistribuendo le rendite parassitarie ai settori più dinamici di ogni società. Ma non sono disposti a farlo. Fomenteranno la violenza di piazza. E nuovi dittatori.
August 13th, 2011
Accarezzo una matita. Ha il sapore colorato di una brezza affogata sotto braghe corte. Il sole ha spogliato la polvere dei tetti. Il vetro dipinto di una cartoleria. Annuso secoli di righe spezzate. Inchiostro acido sulle narici. Toppe cucite su pelle candida. Hanno il gusto di un pavimento peloso. La vecchia scuola un bianco timone sul ponte di una nave grigia. Corro azzurro oltre la strada. Annuso i fumi di una fabbrica. Abbraccio nudo il campanile diroccato. I miei occhi scrutano il marciapiedi. Vermi arrotolati leccano rivoli d’acqua. L’estate correva lunga quanto il resto dell’anno. Era un ticchettare di polpastrelli.
August 6th, 2011
Se ne fregavano. Delle regole non avevano cura. Spregiavano la Costituzione e il suo dettato. Falsificavano firme. Risuscitavano i morti. Non chiedevano scusa. Sputavano sull’onestà. Accompagnavano il Paese alla deriva. Ricostruivano leggi. Sanavano l’illegalità con una proterva intemperanza verbale. Godevano grassi di una sicura impunità. Minacciavano il Capo dello Stato. Lo svegliavano di notte. Lo inducevano a porre un sigillo cieco sulla spazzatura. Usavano il Governo per ammutolire il Parlamento. Un manipolo di schiavi ringhiava contro magistrati e giornalisti. L’ego solitario del tiranno. Si cullava nell’ingordigia. Oltre lo specchio, gli ignari cominciavano a risvegliarsi nella miseria. La Storia li giudicherà.
July 25th, 2011
Il vento spandeva spasmi gelati lungo il dorso delle montagne. Fiaccole punteggiavano il buio. Folla, e bianche bandiere al vento. Abbracciai un fratello ritrovato. Era il sorriso di un figlio. La muta mitezza di un amico. Un bicchiere di vino aprì il ricordo di un verso. Un gomitolo si dipanava attraverso le ombre. Lungo il fiume il pensiero si confondeva. Quante volte avevo calpestato le stesse pietre? Infinito succedersi di gambe. Lontano dal clamore la Storia cammina in silenzio. Porta sulle spalle il faro acerbo della ragione. La bellezza non conosce se stessa. Mormora le lacrime di un canto partigiano.
July 23rd, 2011
Appiccare roghi e lanciare sassi contro la polizia, come è avvenuto questa notte a Chiomonte, è gravissimo e inaccettabile. Non mi stancherò di ripeterlo. Detto questo, le immagini diffuse ieri da Repubblica sono agghiaccianti. A dieci anni dal G8 di Genova, vediamo un uomo preso e trascinato impietosamente sulla terra da decine di poliziotti che prima lo prendono a calci e poi lo percuotono con oggetti che, dall’alto, paiono spranghe o bastoni. E’ un fatto inaudito. Un conto è immobilizzare un uomo e renderlo inoffensivo, un altro è usargli violenza gratuita. Abbiamo tutti il dovere di gridarlo. Il nostro sdegno.
July 16th, 2011
Se ne è parlato poco, ma i fatti sono gravi. Nelle ultime settimane, con diversa intensità, sulle scrivanie di alcuni fra i protagonisti della vicenda Torino-Lione sono piovute lettere minatorie, veleno per topi e, in alcuni casi, i proiettili della P38. Prima per Stefano Esposito e Giorgio Merlo (PD), poi per Alberto Perino (Movimento No Tav). Quindi per Luca Pantanella (UGL Polizia), e ora per Vittorio Bertola (M5S). Credo che ciò debba fare riflettere tutti: è necessario ristabilire i termini del confronto. Che il cantiere parta o non parta, c’è un bene più importante da preservare. E’ la nostra libertà.
July 14th, 2011
Se davvero il cantiere del Tav a Chiomonte si prepara ad ospitare gli Alpini della Brigata Taurinense, è evidente che qualcosa non va. Questa decisione non può che scaldare gli animi. E’ difficile, a questo punto, dire che non si vuole militarizzare la Val Susa. E’ il segno che non si cerca il dialogo, ma lo scontro. Da che mondo è mondo i soldati si impiegano nei teatri di guerra, mentre a garantire l’ordine pubblico pensano le forze di polizia. Ciò lo dimostra ancora una volta. Il problema è politico. Senza rispetto per i propri interlocutori, non li si convince.
July 4th, 2011
Da qualunque parte si osservino i fatti, ciò che è avvenuto ieri a Chiomonte è inammissibile. Un gruppo di violenti tiene sotto ostaggio il Movimento No Tav: a questo punto, l’esigenza di marcare le distanze da chi lancia sassi e ammoniaca sulla polizia emerge in modo inderogabile. Non abbiamo bisogno di un morto, da una parte o dall’altra, per arrivare a questa conclusione. Il corno del problema. Fare restare il Piemonte al centro della rete ferroviaria europea senza violentarne il territorio. Il dialogo dovrebbe ripartire da qui. Se si fallisce, Torino muore. Se si forza, a morire è la democrazia.