Posts Tagged ‘Piazza San Carlo’

In un bacio d’infanzia

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La nobile piazza mi sorprende. In un bacio d’infanzia. Pare di nuovo immobile. Lambisco le sozze squadrature fasciste e mi ritrovo in un clima ottocentesco. Un velocipede robotico violenta il selciato. Risalgo distratto fra sovrapposti veli di finta democrazia. Ho perduto lo sguardo che avevo un tempo, quando dalla periferia tutti ci addensavamo nel medesimo palazzo per consumare. Dedicavamo i nostri miseri risparmi all’acquisto di beni artificialmente ingrassati. Ciò che a molti pareva volgare era il nostro orgoglio. Riscopro ora il medesimo desiderio nei volti di due nigeriane attonite. Volano inconsapevoli su chilometri di saldi. Mi riportano in questo secolo.


Lo vuole la nostra Storia

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Il Primo Maggio tutti hanno  il diritto di sfilare con i lavoratori. Lo vuole la nostra Storia. Impedire alla CISL di prendere parte al corteo e bruciarne le bandiere è ingiusto e incivile. Non solo: è anche controproducente. Perché è evidente che in occasione della vertenza su Mirafiori i delegati della FIM-CISL non hanno difeso i diritti degli operai e la Costituzione. Proprio per questo, è importante che i lavoratori e i pensionati di questo sindacato possano sempre marciare accanto agli operai della FIOM e ai cittadini di Torino. Servono discussione e dialogo. Altrimenti lo sfruttamento dei deboli prevarrà ancora.


E’ tempo di cambiare

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Torino è un giorno intero in viaggio. Un treno che casca a pezzi e si chiama Italia. L’egoismo di chi non fa sedere gli altri scema lungo il percorso. Si arrende deserto alle porte di Moncalieri. Si assiepa nella babele di via Sacchi. Pelle olivastra di turisti lungo via Roma. Un canto libero in piazza San Carlo. Il futuro vero è qui. Si riempie di progetti e sogni. L’orgoglio dei sopravvissuti. Grida in cinese alla fermata di un autobus. Si accarezza i capelli spiandomi dal finestrino. Mi riporterà lentamente a casa. Rabbia che muove ad Occidente. E’ tempo di cambiare.


Ha sapore di gomma liscia

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Cola ancora troppo grasso dai muri della città. Ha sapore di gomma liscia. E’ vento che soffia in un sotterraneo di ferro. Si rinfocola di grida e rauchi schiamazzi. E’ la degenerazione massificata di un finto orgoglio. Ombra decaduta dell’Art Nouveau. Si è incollato nelle periferie fra schegge di cartapesta. Ha il volto coperto di paglia. E’ un ebete pupazzo onnipotente. Bacia vane catene di pietra addossato a un’immagine. Il riscatto non può che venire dalla semplicità dei migranti. Pulsione nordafricana di rivolta. Sangue ferito di un trauma balcanico. Dovremo guardarci dai nostri stessi figli. Troppo ricchi per ricostruire tutto.


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