Posts Tagged ‘Strada Castello di Mirafiori’

E ora dormirò

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E ora dormirò. Raccoglierò le ceneri del giorno in una coltre di polveri secche. Solleverò una lacrima interrotta. Poi ricomincerò, ripulirò la città dalle folate di rabbia che l’hanno sepolta. Andrò alla ricerca di quella vecchia auto. Credo che fosse una Fiat 131. Sì, era un vecchio modello dipinto di giallo. Appariva misteriosamente ad ogni svolta pericolosa. Mi ha sempre sfiorato, non è mai riuscita a seppellirmi. Lo sento, il suo lamento. E’ la voce esausta di una clandestina che partorisce in una fabbrica abbandonata. Il quartiere non conta: la periferia è dentro. Non smetterò di pensare a te, Italia.


Sono una schiena rotta

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Sono una schiena rotta. Piegata dalla noia. Stropiccio occhi densi di sabbia, allungo una gamba oltre gli sbadigli. Il naso si rompe di acido vento. L’eco ferma di una voce insignificante segna la quiete di una scrosciante immobilità domestica. Il bordo della città sonnecchia, una finta esplosione lo risveglia. Voci impaurite, bimbi sciupati di pianto. Nulla è accaduto, neppure le sirene arrivano. La secca abulia degli estremi confini ha rotto l’argine di un fiume invisibile. Non è più tempo di guerra, bisogna fingerla su uno schermo. Si corrode nell’immagine di una discarica di urla metalliche. Sembianze impaurite di vecchi studenti.


Si avvicina scosciando

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Una scatola di sardine rotola su pozze d’acqua. Si ferma tuonando un ridicolo clacson. Lunga chioma nera, rilucida e secca. Gonna corta, gambe fiere, sguardo altezzoso. Chiama un’amica dall’altro lato della strada. Si avvicina scosciando. Femmina bionda, alta delicatezza di carne. Ondeggia i seni in una camicia bianca. Si precipita dentro il minuscolo ammasso di metallo. Si preparano a lasciare per poche ore la periferia. I palazzi popolari. I vecchi stanchi. I giovani inconclusi. Ostentano una ricchezza che non hanno. Nascondono una ricercata ignoranza. Cacciano gonzi dalle tasche piene. Vinceranno, perderanno o si faranno sfruttare. Prima di sprofondare nella povertà.


Trapassa le carni

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Incedono passi ripetuti sul suolo invisibile. Lasciano appena percepire figure corrotte dallo stesso perverso desiderio di andare senza spostarsi. E tu sei un frammento di terra. Un segno che riluce inerme sotto una coltre di fumo. Non si perdono nel rumore i tuoi occhi. Attraversano il vuoto cercando un’oscurità rivelatrice di affascinata bellezza. Sei la consacrazione morente e desolata di ogni volontà. Si nasconde sulla tua pelle un dolce torpore di movimento. Come una sfuggente e sibilante inconsistenza sonora. E’ un velo increspato che lambisce i dubbi  di questo istante. Trapassa le carni. Senza dolere. E mi attenebra di neurale vaghezza.


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