Archive for December, 2011

Punta sulle Satire di Orazio

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Si è riaperta la discussione sulla rinascita dei blog. A muovere le acque è stato Giovanni Boccia Artieri, con un primo post su Media Mondo, per poi tornare ieri su questo tema con un esteso dialogo su Apogeonline. La tesi è che la sbornia da social network, portata alle sue estreme conseguenze, non fa che dimostrarne le debolezze: su Twitter non si argomenta, e su Facebook non c’è memoria. Rinasceranno i blog? In quale forma? E’ difficile dirlo. L’integrazione smartphone/tablet restituirà spazio visivo all’integrazione social/blog. Per il resto, la barra del timone è dritta. Punta sulle Satire di Orazio.


Ansioso terrazzo notturno

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Ansioso terrazzo notturno. Si apre sulla corsa di quattro ruote. E’ un declivio di rottami e plastiche bruciate. Catapecchie allamierate sotto lo stradale. Uomini sporchi, sconci di un ignorante tripudio. Ha la voce di una pompa di benzina abbandonata. Si colora di luci opache, arreticolate verso Nord. Si punteggia di arancio slavato, è secco di pioggia perduta. Io risalgo una rampa di ghiaccio. Cinge un deserto di asfalto ammuffito. Torino soffre una densa solitudine. E’ stata abbandonata da tutti. Signori, spettri e puttane. Il perfetto rilievo geometrico dei sobborghi operai sembra presagire un futuro di libertà. Eppure, tutto sprofonda nel buio.


Italiani, brava gente

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Italiani, brava gente. “Mussolini approvò e nei mesi seguenti Graziani procedette a deportare oltre 80.000 seminomadi [...] in campi di concentramento lungo la costa desertica della Sirte, in condizioni di sovraffollamento, sottoalimentazione e mancanza di igiene che ne portarono circa la metà alla morte nei tre anni seguenti” (*). Si chiude l’anno in cui l’Europa ha dimostrato di aver imparato la lezione di Srebrenica, salvando i civili di Bengàsi dal massacro. Eppure, l’Italia dimentica il genocidio che perpetrò in Cirenaica dal 1930 al 1932. E’ possibile che se ne ricordino soltanto le monografie degli storici? Chi è senza memoria, sarà dannato per sempre.

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(*) Guido Rochat, Le guerre italiane. 1935-1943. Dall’impero d’Etiopia alla disfatta, Torino, Einaudi, 2005, p. 11.


In cambio di vitto e alloggio

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Su Repubblica, un’inchiesta di Enrico Bellavia e Lorenzo Tondo apre uno squarcio sui venditori di rose di Palermo. Giovani deportati da Bangladesh e Sri Lanka col sogno di studiare. Adottati dagli sfruttatori, costretti a vendere sessanta rose in cinque giorni. In cambio di vitto e alloggio. I parassiti pagano il pizzo e costruiscono residence per stranieri in patria. Lo sappiamo tutti che il problema non è siciliano. In ogni città d’Italia il gioco si ripete. Le strade di Torino, di notte, sono gonfie di vecchie biciclette che trasportano rose. Che fare? Municipalizzare questo servizio, forse, ne annullerebbe la domanda.


Servono ancora, le blogroll?

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Servono ancora, le blogroll? Twitter le sta uccidendo. Non le usiamo più. Ciò che facciamo, infatti, è scorrere tre volte al giorno i tweet dei profili che riusciamo a seguire simultaneamente su Twitter. Per il resto, sono accessi furtivi ai pochi blog e siti web che consultiamo sempre, lasciandoli già aperti sulle versioni mobile dei nostri browser. Allora si aprono due problemi. Primo: le blogroll diventano claudicanti elenchi di ‘amici’, a patto che questi abbiano la paziente costanza di postare qualcosa ogni mese. Secondo: senza volerlo, finiamo per trascurare i blogger che scrivono cose belle, ma non sono su Twitter.


Non è 1984

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“La pace è guerra. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.” Non è 1984. Eppure, la nostra pace è guerra in Medio Oriente. Siamo schiavi dei nostri acquisti. E coltiviamo l’ignoranza negli stadi e negli studi televisivi. E’ un collettivismo oligarchico, questa società dell’1%. La neolingua ha fatto della democrazia la dittatura della maggioranza. La televisione non ci controlla, ma Facebook sa tutto di noi. Il cibo è buono, ma non sappiamo dire no a McDonald’s e alla Coca Cola. Il sesso è libero, ma tutti  facciamo finta di non vedere che si vende sui marciapiedi. Per questo, ricorderemo Giorgio Bocca.

 


Ora ci penserà il Natale

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Sono passate due settimane dall’incendio appiccato al Campo Nomadi della Continassa, e a Torino si è già smesso di parlare dei Rom. Ora ci penserà il Natale. A lavare la nostra coscienza. Ma la questione non è risolta. Il quartiere delle Vallette festeggia sepolto fra discariche, carceri, stadi, centrali termoelettriche e tangenziali. I Rom restano al margine, capro espiatorio su cui tornare presto a sfogare l’ignoranza e la miseria. Non è questo che serve. Abbiamo bisogno di una città in cui chi delinque – zingaro, terrone, negro o polentone – è sempre punito. Dobbiamo smontare l’ideologia. Ricominciare dall’analisi sociale, dalla solidarietà.

alkimista85 - Crocifissione funambolica

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