Fa davvero sorridere leggere sul Fatto Quotidiano dell’attacco dei ‘Liberal’ del Partito Democratico al Responsabile Economico del partito, Stefano Fassina. La sua colpa? Ha denunciato la pochezza delle proposte per la crescita avanzate dalla Commissione Europea. I ‘Liberal’ nostrani, infatti, sono per il rigore. Ovvero, sostengono l’ortodossia monetarista di Angela Merkel e dei falchi di Francorte, che di fatto sta distruggendo l’euro imponendo ai paesi dell’Europa Mediterranea una insostenibile deflazione. Stefano Fassina dice ciò che Paul Krugman scrive tutti i giorni sul New York Times. Chi lo attacca, più che il Partito Democratico americano, ricorda il Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
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Io continuo a pensare – con Maurizio Landini – che ogni lavoratore ha il diritto di scegliere il sindacato che vuole. La Costituzione non è eludibile. Poi, se FIAT decide di recedere da tutti i contratti siglati, mi auguro che il Governo Monti sia davvero liberale. I lavoratori migliori cambieranno azienda, gli altri vengano sussidiati se licenziati. E’ necessario che le parti vivano serenamente la dialettica democratica del confronto. L’Autunno Caldo del 1969 non fu che l’eclatare di un periodo contraddistinto da bassi salari e alto autofinanziamento: mi auguro che non si voglia imboccare quella strada. Il Paese non ne ha bisogno.
Le informazioni non sono più intermediate, il denaro sì. Guardo Debtocracy. Ora, io penso che Greci e Italiani abbiano delle responsabilità: perché lavorano poco, violano ogni regola e scelgono pessimi politici. E’ un fatto. Poi, non so se il modello Ecuador – rifiutarsi di pagare il debito odioso – si possa applicare ai Piigs. Però devo riconoscere che è consonante con il confronto fra bancarotta islandese e ancoraggio all’euro della Lettonia formulato da Paul Krugman. La deflazione non potrà essere imposta. Quindi? Eurobond, inflazione dell’euro, ristrutturazione dei debiti o bancarotta dei Piigs. E speriamo non si arrivi alla guerra. Europa significa pace.
Le parole pronunciate da Roberto Saviano a Zuccotti Park ci aiutano a capire che non è la schizofrenia la cifra del nostro presente, ma il paradosso. Un nuovo movimento di popolo rivendica su scala globale il ritorno del principio dell’eguaglianza, stigmatizzando la ricchezza di una nicchia che ha divorato tutta la caverna. Allo stesso tempo, l’inadeguatezza populista della democrazia si affida a tecnici competenti e rispettabili, il cui limite è essere cresciuti all’interno dell’unico sistema di potere in cui ciò era possibile: quello esistente. Gli uni non sanno proporre una soluzione, gli altri nascondono un peccato originale. Serve la politica.
->Roberto Saviano a Zuccotti Park<-
La polizia irrompe in uno stabile di Corso Giulio Cesare, a Torino. Quartiere Aurora. Quaranta alloggi. All’interno, una folla di immigrati – e un paio di italiani – vive nel’immondizia. E’ sufficiente guardare queste foto per capirlo. Sono brasiliani, tunisini e marocchini. Ventisette fra loro sono clandestini. A leggere il giornale, ognuno pagava dai duecento ai quattrocento euro. Al mese? Non lo sappiamo. Ma dove andranno, adesso? Il proprietario del palazzo incassava dalla sua casa, in collina. E’ di fronte a questo che non riesco a chiudere gli occhi. Il berlusconismo non è finito: non era che lo specchio dell’Italia.
Ieri Nouriel Roubini, via Twitter, rimandava ad un post di Daniel Alpert su Economonitor che non potrebbe descrivere meglio lo stato delle cose: “Se l’austerità e la svalutazione interna non sono realistiche, se stampare denaro e svalutare universalmente è ‘verboten’, e se i contribuenti tedeschi non sono certamente disposti ad inviare denaro al Sud senza tenerlo attaccato ad una fune, la risposta può soltanto essere bancarotta e uscita in qualsivoglia paese della periferia che non ce la fa”. Torino e l’Italia hanno un piede dentro l’euro e l’altro fuori dalla porta. La maniglia la regge Angela Merkel. Ora bisogna combattere.
Non mi importa un bel niente del fatto che nel Governo Monti ci siano dei torinesi. Sono contento, invece, che il Ministro dell’Istruzione e dell’Università sia Francesco Profumo: al Politecnico di Torino ha saputo fare bene e il Partito Democratico non lo volle candidare a sindaco della città perché era troppo competente. E sono felice che al Ministero della Coesione Territoriale vada uno dei massimi studiosi della storia del capitalismo italiano, Fabrizio Barca. Non so se gli altri ministri riusciranno a riportare l’aeroplano in quota, ma se questi due metteranno mano alla Cultura e al Mezzogiorno, allora sì. L’Italia cambierà.